martedì 16 aprile 2024

Piano Mattei, una piattaforma di dialogo e ascolto

@ - La lettura dei commenti a proposito del Piano Mattei presentato dalla presidente del Consiglio Giorgia Meloni in occasione del Vertice Italia-Africa mi induce ad alcune riflessioni. Parto da un presupposto: il Piano non è stato presentato come un insieme di progetti e programmi ma piuttosto come una “piattaforma” fatta per ricevere le indicazioni di priorità che i Paesi africani formuleranno. Una piattaforma di dialogo e di ascolto per la futura cooperazione italiana.

di: Paolo Sannella | 2 Aprile 2024

Se questa mia lettura delle parole della presidente Meloni è corretta, non bisognerebbe stupirsi del fatto che il Piano non enumera progetti nuovi da sviluppare (anche se ricorda quelli già in corso e che certamente non saranno abbandonati). Il Piano introduce piuttosto un cambiamento, una vera rivoluzione, non soltanto nel modus operandi della cooperazione internazionale allo sviluppo ma nei rapporti politici, culturali ed economici dell’Italia con l’Africa. Una interpretazione, la mia, che mi sembra confortata dalla notizia dell’incontro della presidente Meloni con gli ambasciatori africani accreditati in Italia proprio per recepire indicazioni e suggerimenti e per segnalare allo stesso tempo le nostre priorità e osservazioni. Una modalità dialogante per costruire insieme strategie e iniziative. Altrettanto importante notare che la presentazione del programma italiano sia avvenuta in presenza delle istituzioni europee rappresentate dai tre massimi dirigenti, quasi a voler dire che il Piano Mattei costituisce il contributo politico e metodologico italiano che sollecita allo stesso tempo la collaborazione e l’impegno europeo per la sua realizzazione.

A quanti che come me hanno vissuto per molti anni esperienze molteplici di cooperazione, operando sul campo in Africa e nei diversi centri decisionali romani, non sfuggiva l’insoddisfazione di molti interlocutori africani per l’approccio adottato per i nostri progetti di cooperazione. Da un lato, riconoscevamo la necessità di agire in “partenariato” attuando sempre e soltanto interventi promossi e richiesti dai “beneficiari”, dall’altro prestavamo poca attenzione alle esigenze locali intese nel modo più ampio e comprensivo. Si dava spesso l’impressione di leggere con difficoltà i bisogni locali effettivi e di incontrare ancora maggiori difficoltà a rispettare quanto suggerito dalle culture e dalle identità locali. In occasione di un memorabile incontro all’Università di Pavia numerosi anni fa, il professor Calchi Novati ricordò l’obiettiva limitazione dell’applicazione del concetto di “partenariatoin un rapporto che vede contrapposti – a parte ogni altro diverso atteggiamento – chi ha a chi non ha, chi dà a colui che riceve. Il tutto condito assai spesso dall’atteggiamento di chi veste i panni del primo della classe chiamato a dar lezione agli altri.

La proposta del governo italiano sembra voler modificare questa situazione. Se restano liberi gli operatori privati di offrire agli acquirenti locali le loro merci o i loro servizi come credono, la richiesta di interventi di sviluppo (quali ad esempio quelli per la creazione e la gestione delle infrastrutture di trasporto e di comunicazione, quelli per investimenti nei settori dell’energia, dell’acqua e dell’ambiente, così come quelli nel campo della formazione e della ricerca) dovrebbe essere formulata in sintonia, aderenza e conformità alle esigenze locali e alle loro culture e priorità. In attesa che tutto questo avvenga, il Piano resta vuoto ma pronto ad affermare nuove e più avanzate e genuine collaborazioni.

Il problema è passare dalle parole ai fatti, dalla enunciazione di principi alla loro applicazione pratica. Non dovremo – mi sembra voglia dire la presidente Meloni – andare in Africa con il paniere pieno dei nostri progetti ma con l’atteggiamento di chi vuol capire e sa ascoltare. Soltanto dopo questa fase di attenzione potremo insieme scegliere le soluzioni adatte a rispondere ai loro bisogni utilizzando le nostre risorse più adatte.

Se passiamo dal campo della cooperazione allo sviluppo a quello della collaborazione politica e culturale, il passaggio che ci viene suggerito mi sembra ancora più significativo e interessante: non le nostre verità e i nostri valori, ma quelli che meglio si adattano alla reciproca comprensione e alla comune ricerca degli strumenti per l’attuazione di una fruttuosa e pacifica convivenza. Ed è forse questo il contributo che il nostro Paese sembra voler dare anche in occasione dei lavori del prossimo G7 a conduzione italiana nel cui programma figura l’esigenza imprescindibile di nuove forme di collaborazione con i Paesi del continente africano.

sabato 13 aprile 2024

Le buone abitudini che possono allungare la vita

@ - Siamo una società che sta rapidamente invecchiando a causa della sproporzione fra la mortalità (circa 650.000 decessi l’anno) e la natalità (circa 380.000 nati all’anno), mentre la durata di vita è aumentata arrivando a circa a 81 anni per i maschi e 85 per le femmine.

Le buone abitudini che possono allungare la vita© Fornito da Avvenire

Abbiamo circa 1 milione di novantenni, ma solo 22.000 centenari e 17 persone che hanno raggiunto i 110 anni. A fronte di questa situazione va sottolineato che, se osserviamo ciò che dovrebbe interessarci di più, cioè la durata di vita sana, scendiamo molto in basso nella graduatoria internazionale.

La ragione della differenza fra durata di vita totale e durata di vita sana dipende dalla presenza di malattie, spesso più di una, nello stesso soggetto. Diventa, quindi, urgente, nel nostro Paese, aumentare la durata di vita sana, obiettivo che si può raggiungere attraverso l’applicazione delle cosiddette buone abitudini di vita. Tutti sappiamo quali siano, ma poi non le applichiamo, adducendo molto spesso una serie di alibi: “Comincerò a migliorare la mia alimentazione la prossima settimana”; “Il mio medico fuma, quindi vuol dire che non fa così male”; “inutile avere buone abitudini di vita dato l’inquinamento”; “mangio quel che voglio, tanto posso ricorrere a un integratore alimentare”.

Le buone abitudini di vita offrono, invece, una probabilità sempre più alta di vita sana, quanto più le si osservano tutte, con il risultato di ridurre l’accesso ai medici e ai farmaci, con il vantaggio di liberare il Servizio sanitario nazionale da prestazioni aggiuntive. Val la pena, al riguardo, di fare un elenco delle buone abitudini di vita per caratterizzarne i vantaggi. Evitare il fumo è fondamentale, considerando che le sigarette rappresentano un fattore di rischio per ben 27 malattie, inclusi vari tipi di tumore. Conosciamo il rapporto fra tabacco e tumore del polmone, ma sono molti i tumori influenzati dal fumo, inclusi quello della vescica e del seno, come pure dipende dal fumo l’infarto cardiaco, l’ictus cerebrale nonché la cataratta, l’artrite reumatoide e altre forme di artriti. Il tabacco rappresenta anche un danno non solo per chi lo consuma ma anche, in modo indiretto, per le persone che sono ricevono il fumo passivo.

Si dovrebbero aumentare ancora le proibizioni per il fumo nei parchi, dove ci sono spesso i bambini, nei luoghi dove si attendono mezzi di trasporto, sulle spiagge, e così via. Una modalità per diminuire l’uso del tabacco è certamente data dall’aumentare il prezzo delle sigarette: in Italia è di circa 5 euro, mentre in Inghilterra è di circa 10 sterline ed in Francia è recentemente aumentato a 14 euro. Lo Stato italiano teme di perdere i 14 miliardi che ricava dalle tasse, ma è molto miope considerando le enormi spese che derivano dalle malattie indotte dal fumo.

Non solo, il fumo ha anche una grande influenza sull’ambiente perché, la coltivazione del tabacco sottrae, in Italia, circa 14mila ettari alla forestazione, che sarebbe importante per mantenere una buona depurazione dell’atmosfera. Si tenga inoltre conto del fatto che ogni anno si fumano circa 40 miliardi di sigarette, che emettono sostanze cancerogene e infiammatorie e che finiscono nell’atmosfera aumentando le cosiddette polveri fini. Inoltre, si depositano sul terreno enormi quantità di mozziconi, i cui prodotti tossici vanno a finire nell’acqua e nel cibo. Analogamente occorre evitare l’alcol, che recentemente è stato dichiarato cancerogeno dall’Organizzazione mondiale della sanità. Gli interessi economici in gioco, soprattutto nell’industria del vino, non permettono che succeda quanto deciso in Nuova Zelanda e in Australia, dove chi acquista una bottiglia trova scritto: «Questo prodotto può essere dannoso alla vostra salute». Astenersi dalle droghe è un’altra buona abitudine di vita, come pure astenersi dai giochi d’azzardo che possono essere alla base di problemi mentali e di suicidi.

Tutti sappiamo poi quanto sia importante l’alimentazione. In Italia, abbiamo la tradizione della dieta mediterranea, che consiste nel privilegiare vegetali e frutta, carboidrati complessi (pasta e riso) pesce, riducendo la quota di carni, in particolare quelle rosse, e grassi. Si può dire che la dieta deve essere varia per fornire tutti i micro e i macro nutrienti, ma moderata. Numerosi studi hanno dimostrato, dal topo alla scimmia, che la riduzione di circa il 30% della quantità di cibo che viene assunta determina un aumento della durata di vita di circa il 20 percento. Uno studio condotto nell’uomo, denominsto “CALORIE2”, ha valutato il risultato di una riduzione calorica del 25% per 2 anni, determinando effetti positivi quali la diminuzione del colesterolo, della pressione sistolica e diastolica con un miglioramento dell’indice di sensibilità all’insulina, nonché un aumento delle performance cognitive e una riduzione del metabolismo a riposo. Inoltre, mangiare poco esercita effetti antiinfiammatori.

L’attività fisica è pure molto importante, perché migliora lla funzione circolatoria e il consumo di calorie. In realtà bastano 40 minuti al giorno di corsa o camminata, facendo fatica. Esistono molte modalità di attività fisica: ognuno può scegliere ciò che è più adatto a sé. Tuttavia, è importante non rinunciare mai all’attività fisica perché, assieme alla corretta alimentazione, permette di mantenere il peso corporeo nella normalità evitando sovrappeso e obesità. Questa triade, alimentazione attività fisica e peso corporeo è la base per evitare il diabete di tipo 2, nonché i disturbi cognitivi che avvengono nella vecchiaia.

Il sonno, almeno 7 ore al giorno, è fondamentale, oltre che far riposare la muscolatura, anche per mantenere il cervello in buone condizioni. Infatti, il cervello è l’organo che ha il maggior metabolismo e produce scorie che non possono venite eliminate durante la giornata. Nella notte, la eliminazione delle scorie raddoppia. Ciò permette di evitare il permanere di sostanze che possono essere dannose per l’attività cerebrale. Fra le buone abitudini di vita, non bisogna dimenticare di mantenere rapporti sociali. Dobbiamo fare sì che con l’avanzare degli anni non ci si isoli; si deve continuare a essere propositivi, seguendo ad esempio attività di volontariato o gli hobby a cui si è affezionati.

Infine, è molto importante ricordare i determinanti socio-economici. Avere un basso livello di scolarità implica in generale bassi redditi e ciò determina scarsa attenzione alla salute perché l’obiettivo principale è arrivare alla fine del mese. Ciò tuttavia determina l’accesso a cibi industrializzati di basso costo e quindi ad una maggiore incidenza di obesità e di diabete. In generale, il vivere in periferia, in ambienti poveri, riduce la durata di vita. Un ultimo elemento da considerare è il ruolo che svolgono i servizi sanitari. Fanno parte della prevenzione le vaccinazioni, che spesso incontrano ostacoli nel nostro Paese, come pure la partecipazione agli screening per malattie croniche e per i tumori. Diagnosticare precocemente un tumore significa una maggiore probabilità di ottenere la guarigione dalla malattia, purtroppo soltanto il cinquanta percento degli italiani partecipa, ad esempio, allo screening proposto dalle Regioni per identificare il tumore del colon retto.

La descrizione delle buone abitudini dovrebbe essere compito dei medici di medicina generale per aiutare i pazienti a mantenere stili di vita salutari,. Per concludere, abbiamo bisogno di una grande rivoluzione culturale che metta al primo posto la prevenzione tra i compiti della medicina. Ciò richiede la realizzazione di una Scuola superiore di Sanità, dove formare i dirigenti, in modo che entrino nel Ssn con la preparazione adatta rispetto alla prevenzione. Non solo, abbiamo anche bisogno di far conoscere i problemi della salute nella scuola italiana, basterebbe un’ora la settimana, in tutti i gradi e livelli, per cominciare a cambiare la mentalità e, soprattutto, per far capire ai giovani che ciò che fanno oggi condizionerà la loro situazione di salute in futuro. Anche nelle scuole di medicina è oggi trascurato l’insegnamento dei principi che riguardano la prevenzione. C’è molto da fare, ma si deve iniziare il più presto possibile questa fondamentale rivoluzione culturale.

giovedì 4 aprile 2024

Papa Gregorio Magno: Vaticano, il giallo di Karol Wojtyla: Papa morto e...

Papa Gregorio Magno: Vaticano, il giallo di Karol Wojtyla: Papa morto e...: @ - Da « Se sbaglio mi corrigerete » a « Santo subito ». Karol Wojtyla fu eletto il 16 ottobre del 1978, viaggiò tantissimo, si rivolse sopr...

mercoledì 3 aprile 2024

Place of Ancient Roman Countryside for European Life - PARCEL: Vittorino Andreoli: “La longevità? L’età è soltant...

Place of Ancient Roman Countryside for European Life - PARCEL: Vittorino Andreoli: “La longevità? L’età è soltant...: @ - Fino a pochi anni fa si credeva che negli anziani le cellule nervose smettessero di moltiplicarsi. « E ciò portava a immaginare il cer...

Vittorino Andreoli: “La longevità? L’età è soltanto una questione di testa”

@ - Fino a pochi anni fa si credeva che negli anziani le cellule nervose smettessero di moltiplicarsi. «E ciò portava a immaginare il cervello come un organo che andava verso l’inattività, verso la degenerazione. Ora invece sappiamo che, anche negli anziani che non hanno malattie, i neuroni si rinnovano autonomamente, allo stesso modo delle cellule del fegato e della milza.

© Oggi/Armando Rotoletti

Questa è stata una grande scoperta, perché impedisce di dire che il vecchio è come una candela che, lenta, si spegne».

ORGOGLIO DELLA VECCHIAIA – Lo psichiatra Vittorino Andreoli, 83 anni, si definisce, con orgoglio, “vecchio”. Lo ricorda anche nel titolo del suo volume Lettera a un vecchio (da parte di un vecchio), che, dice, ha scritto perché vorrebbe «che i vecchi fossero consapevoli della grandiosità di aver raggiunto questa età».

Sottolinea un punto innegabile: «In un vecchio (sempre senza malattie) le capacità mentali sono certamente modificate, ma lo sono anche quelle dei muscoli del resto del corpo. Però la salute delle persone anziane è notevolmente migliorata grazie agli sviluppi della medicina, delle condizioni igieniche, dell’economia». E offre come esempi l’aumento dell’età media, dal Secondo dopoguerra a oggi, «dai 48 agli 83 anni per i maschi e dai 52 agli 86 circa per le donne», e il numero di centenari viventi in Italia, «circa 20 mila».

I VERI DESIDERI – Andreoli spazza via la frase di Terenzio “Senectus ipsa est morbus”, “la vecchiaia è per sé stessa una malattia”. «È una frase ormai superata dalla scienza: grazie al miglioramento della salute, ai vecchi di oggi è permesso di avere delle possibilità che un tempo non c’erano. E questa è una cosa che ci rende particolarmente desiderosi di avere un senso sociale. Ecco, noi vecchi vogliamo avere un senso, e il fatto di essere più vicini alla morte rispetto a quanto, per esempio, solitamente si immagina lo sia un adolescente, ci fa avere una gran voglia di vivere».

Vittorino Andreoli chiarisce: «Avere un senso significa poter aiutare gli altri, significa avere un significato sociale. Altro che essere abbandonati o sentirci dire in continuazione che siamo un peso, addirittura un peso economico che porta via il denaro ai giovani, quando invece la maggior parte della pensione va proprio ai nipoti». C’è un po’ di amaro nelle sue parole.

«Non si capisce che nella vecchiaia, in particolare, si guarda all’importanza dell’affettività, dei sentimenti, delle relazioni utili. Sarebbe interessante che la società potesse valutare una presenza così vasta di persone: vecchie, non malate». Ci sarebbero molte strategie per rendere più tangibile il senso sociale. Per esempio, facendo scelte inclusive. «Come andare nelle scuole a raccontare la propria storia, oppure seguire il modello di Padova, dove è stata creata una piccola comunità che offre assistenza ai vecchi, nella quale sono state create aree residenziali per anziani vicino agli asili per i bambini».

RICERCA DI RELAZIONI – La vecchiaia, per Vittorino Andreoli, «è una nuova età, un’età che prima non conoscevamo, che è piena di trasformazioni».

E illustra così il suo pensiero: «Descrivo la vecchiaia come una visione del mondo. Tra gli elementi che la caratterizzano c’è, con il passaggio alla pensione, l’assenza di un cartellino da timbrare. Poi, non si hanno invidie. E non si è più interessati al denaro, magari non si ha più voglia di viaggiare o comprarsi un quinto paio di scarpe o un nuovo abito, come invece succede per gli adolescenti e gli adulti. Però ci sono tanti desideri indipendenti dai soldi». Gli esempi arrivano subito: «I vecchi hanno desideri affettivi, desideri di pace, hanno bisogno di relazioni. Vorrebbero poter vivere tranquilli, passare del tempo con i nipoti, poter raccontare la loro storia».

E quale potrebbe essere una “ricetta” per vivere bene la vecchiaia? «I consigli di solito riguardano soprattutto come curare il corpo e l’alimentazione, e poi fare movimento e dormire bene. Ma queste sono indicazioni generiche per le necessità di un vecchio, che invece ha bisogno di sentirsi utile, di avere relazioni umane, di non essere abbandonato in casa in attesa di una telefonata o di una visita».

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martedì 2 aprile 2024

Lo scandalo Qatargate nascosto sotto il tappeto per non disturbare la sinistra e i socialisti

@ - Solo un anno fa lo scandalo peggiore della storia del Parlamento europeo aveva terremotato le istituzioni di Bruxelles. La macchia delle presunte tangenti agli eurodeputati per favorire gli interessi di Qatar e Marocco aveva travolto l'immagine dei socialisti e sembrava aver demolito la credibilità della stessa Ue.

Lo scandalo Qatargate nascosto sotto il tappeto per non disturbare la sinistra e i socialisti
© Fornito da Il Giornale

Eppure dell'impatto del Qatargate sul gruppo dei democratici resta ben poco in vista delle elezioni di giugno. È bastato l'intervento della presidente del Parlamento Ue, Roberta Metsola, con una serie di misure approvate in fretta e furia, per dire di aver «ripulito» l'istituzione, di aver rafforzato gli anticorpi e di aver isolato i pochi casi sospetti: dal divieto delle cosiddette «porte girevoli» degli ex europarlamentari che svolgono attività di lobbying, all'obbligo per i deputati di comunicare ogni loro incontro dentro le sedi di Bruxelles o Strasburgo.
L'inchiesta è ancora in corso ma procede ormai a fari spenti negli uffici della Procura di Bruxelles, anche per non turbare la prova elettorale del gruppo S&D. La grancassa mediatica ha smesso di risuonare anche dopo che sono emersi abusi e conflitti di interesse che hanno minato la credibilità degli stessi inquirenti belgi, sollevando pesanti interrogativi sui metodi della magistratura e sulle garanzie del sistema giudiziario di un Paese che ospita il cuore delle istituzioni dell'Ue. Un cortocircuito su tutti: il magistrato istruttore dell'inchiesta, Michel Claise, si è ritirato dall'indagine dopo che era emersa la sua incompatibilità, visti gli affari del figlio con quello della europarlamentare socialista, Maria Arena, sfiorata dall'inchiesta. Il magistrato ora in pensione correrà alle elezioni nazionali in Belgio con la stessa sinistra.
I socialisti e democratici dell'Eurocamera si sono affrettati a prendere le distanze dall'indagine che ha sporcato l'immagine delle loro attività parlamentari. Un rapido processo di rimozione collettiva a dispetto dello sbandierato garantismo e delle diverse posizioni dei deputati coinvolti. La greca Eva Kaili, ex vice presidente del Parlamento e figura di peso del gruppo, è stata per 4 mesi in carcere preventivo. Arrestata dopo che aveva chiesto al padre di recuperare dal suo appartamento di Bruxelles - dove viveva col compagno indagato Francesco Giorgi - una valigia con 600mila euro che lei sostiene fosse di Panzeri, per restituirgliela. Kaili ha gridato la sua innocenza dal primo giorno denunciando la violazione dei diritti umani del sistema belga. In cella non ha potuto vedere la figlia di due anni, utilizzata come strumento di pressione per «estorcere confessioni». Forti dubbi anche sui verbali di Antonio Panzeri, l'ex europarlamentare di Articolo 1, considerato il dominus della presunta rete corruttiva, che ha firmato un accordo di pentimento in cambio della liberazione della moglie e della figlia. Nonostante gli stessi legali di Panzeri abbiano contestato i metodi usati dagli inquirenti in quell'accordo, le sue dichiarazioni - che tirano in ballo Kaili e altri - sono ancora la base dell'impianto accusatorio. Non una parola dalla sinistra europea per chiedere chiarezza. Era finito prima in carcere e poi ai domiciliari anche l'europarlamentare dem Andrea Cozzolino: «Il Pd mi ha trattato in un modo disumano», si era sfogato col Corriere.
A oggi le contestazioni, i presunti abusi, il mistero di tutti quei contanti a casa di Panzeri, le ombre sulla deputata Arena, ancora al suo posto, finiscono sotto il tappeto delle coscienze dei socialisti in Ue. La rimozione della questione morale da un lato e della presunzione di innocenza dall'altro. Due pesi e due misure. L'importante è arrivare alle urne senza macchia.

domenica 24 marzo 2024

sabato 23 marzo 2024

I passaporti e la targa: chi sono e cosa sappiamo degli attentatori di Mosca

@ - Alcune immagini e video ritraggono almeno tre del commando di circa nuove uomini autori della strage al Circus City Hall


Mentre sale il bilancio della vittime dell'attentato di Mosca di ieri sera, qualcosa inizia a trapelare dalle veline del Cremlino e dalle agenzie di stampa russe. L'Fsb ha informato il presidente russo Vladimir Putin di 11 arresti dopo la strage: tra le persone arrestate vi sarebbero "tutti i quattro terroristi direttamente coinvolti nell'attacco terroristico".

L'auto, l'alt, gli arresti di questa notte
Questa notte, dopo le 4.00 locali, la polizia russa ha fermato una Renault nell'area di Bryansk, corrispondente alla descrizione del veicolo comparso sulla scena della strage alla Circus City Hall ieri sera. L'alt, gli spari e il ribaltamento del veicolo: i viaggiatori a bordo avrebbero tentato la fuga ma due di loro sarebbero stati arrestati nell'immediato. Gli altri sarebbero fuggiti nel bosco ai bordi della carreggiata. Potrebbe trattarsi dei giovani protagonisti dei video che stanno circolando sul web da questa mattina. A bordo dell'auto sono stati ritrovati una pistola e un caricatore per Akm, dello stesso modello di quelli utilizzati dagli attentatori questa notte. Assieme a questo materiale, due passaporti del Tajikistan, fucina di jihadisti da svariati anni.

Secondo la prevedibile ricostruzione di Mosca e dell'Fsb i sospettati volevano attraversare il confine con l'Ucraina, certi dei loro contatti al di là del confine.

Un milione di rubli per uccidere
Uno degli arrestati, un ragazzo di circa trent'anni, avrebbe ammesso di essere arrivato dalla Turchia il 4 marzo. L'interrogato ha anche detto che gli era stato offerto mezzo milione di rubli per uccidere delle persone. La direttrice della tv russa Russia Today (RT), Margarita Simonyan, ha pubblicato su Telegram un video, rimbalzato su tutti i social, dell'interrogatorio di una delle persone arrestate. Nel filmato, rilanciato dall'agenzia di stampa russa Ria Novosti, si vede l'uomo che viene tenuto disteso a terra a pancia sotto, con le mani dietro la schiena e un agente che gli tiene la testa dai capelli mentre gli vengono poste delle domande. L'uomo dice di essere arrivato in Russia dalla Turchia il 4 marzo. "Lì i documenti sono scaduti, ho attraversato il confine", dice il sospettato. L'uomo ha aggiunto che i suoi responsabili gli avrebbero affidato il compito di uccidere tutte le persone presenti nella sala e gli avrebbero offerto circa un milione di rubli per questo.

Gli altri due arrestati
Sul web circolano altri due video, questa volta con il marchio del celebre milblog War Gonzo. Il primo ritrare un altro giovane uomo dall'aspetto caucasico e la barba, in abbigliamento verde militare, che viene trattenuto per i capelli. Il video dura pochi secondi ma l'audio appare volutamente disturbato per non comprendere il significato.


Nell'altro si intravedono degli uomini armati, dal volto coperto ma in borghese, che trascinano a braccia un altro giovane uomo dal volto insanguinato e le mani legate dietro la schiena. La scena si svolge in un'ambientazione non urbana, in una foresta innevata. War Gonzo è il canale Telegram seguito da oltre un milione e mezzo di follower, filo-Putin (c'è chi ipotizza sia un canale gestito direttamente dal Cremlino), spesso smascherato a mettere in scena azioni di guerra simulate. Dietro il canale c'è Semyon Pegov, accreditato blogger militare insignito dell'Ordine del Coraggio da Putin in persona nel dicembre 2022.

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In un altro video che circola soprattutto su X, viene ritratto un altro giovane dall'aspetto caucasico, scalzo e legato mani e piedi: sembrerebbe non parlare nemmeno russo, interloquendo con gli uomini che l'hanno arrestato attraverso l'ausilio di una traduttrice.

Secondo i mini blogger più accreditati, potrebbe essere lui il capo del commando.

sabato 16 marzo 2024

Blackpool, la capitale britannica delle «morti per disperazione»

@ - Si dice che Blackpool sia stata la prima località balneare del mondo moderno. È qui che, a fine Settecento, sarebbe nata la moda della vacanza al mare. Di questa città del Lancashire, oggi, si parla in ben altri termini: è la capitale britannica delle cosiddette «morti per disperazione».

Blackpool, la capitale britannica delle «morti per disperazione»© Fornito da Avvenire

Il concetto dei decessi causati dall’angoscia non è letterario ma squisitamente scientifico. È un tema della ricerca sociodemografica affrontato per la prima volta in modo sistematico nel 2015 da due economisti americani, Anne Case e Angus Deaton, autori di “Morti di disperazione e il futuro del capitalismo”. In questa nicchia della discussione accademica la disperazione non viene considerata come un sentimento ma come una malattia diagnosticata alla presenza di tre fattori: suicidio, alcolismo e tossicodipendenza. Secondo uno studio dell’Università di Manchester, realizzata in collaborazione con l’Istituto nazionale per la ricerca sulla salute, i decessi riconducibili a questo male nel triennio 2019-2021 sono stati 46.200 in totale (42 al giorno). Ma è a Blackpool che c’è stata la strage. Se a Barnet, quartiere a Londra nord, ne sono stati contati 14,5 ogni 100mila, nella città costiera il tasso è arrivato a quota 83,8. Sei volte più alto. A questi numeri si avvicinano anche altre comunità dell’Inghilterra settentrionale come Hartlepool, Blackburn e Middlesbrough.

La parola povertà non è menzionata neppure una volta nella ricerca che parla invece di persone «lasciate indietro» attribuendo l’origine della malattia alla disuguaglianza nell’accesso ai servizi sanitari e, più in generale, alle opportunità di vita e lavoro offerte in altre realtà. «Il Regno Unito è un Paese ricco, ma anche un piuttosto ingiusto. Le nostre risorse non sono equamente distribuite», ha commentato Christine Camacho, una degli autori della ricerca. Anche gli americani Case e Deaton avevano escluso la miseria dalle cause della disperazione statunitense che, scrivevano nel 2015, era piuttosto il risultato «dell’erosione delle strutture sociali tradizionali come sindacati, Chiesa e matrimonio».

Il Nord dell’Inghilterra è, notoriamente, la zona più depressa del Regno Unito che, a ricordarlo è un passaggio dei ricercatori di Manchester, paga ancora lo scotto della deindustrializzazione. Nel 1993, questo è solo un esempio, quasi il 30 per cento delle famiglie di Blackpool non disponeva ancora del riscaldamento centralizzato. La tristezza della città che, per anni, ha fatto da cornice alle vacanze dei borghesi inglesi è stata persino cantata e cinematografata. Raccontata dai londinesi, oggi, è una piccola Beirut i cui si vedono bambini camminare a piedi nudi per le strade maleodoranti aggirandosi tra i tossicodipendenti. I governi che si sono succeduti hanno invano cercato di farla tornare a sorridere.

È fallito pure il progetto che, vent’anni fa, prevedeva la costruzione di un super casinò modello Las Vegas all’ombra della torre di ferro del 1894. Il ministero della Salute ha commentato l’esito della ricerca ricordando gli sforzi fatti per prevenire i suicidi e prevenire gli abusi di droga e alcol. L’obiettivo, dicono, è colmare il divario tra Nord e Sud. Tra ricchi e, chiamiamoli con il proprio nome, poveri.

Blackpool, la capitale britannica delle «morti per disperazione»© Fornito da Avvenire